Viterbo CRONACA Con gli occhi aperti voglio cercar di capire perché in questa maledetta terra di Tuscia ogni sogno svanisce
di Giuseppe Bracchi

Io non so molte cose, è vero. Dico solo ciò che ho visto. E ho visto: che la culla dell'uomo la dondolano con le favole/ che le grida d'angoscia dell'uomo le soffocano con le favole/ che il pianto dell'uomo lo asciugano con le favole/ che le ossa dell'uomo le seppelliscono con le favole/ e che la paura dell'uomo... ha inventato tutte le favole. Io so ben poco, è vero. Ma mi hanno addormentato con tutte le favole.... e ora conosco tutte le favole”... (Leòn Felipe, 1950)... sì, è vero – mi permetto di aggiungere timidamente - conosco tutte le favole che dal dopoguerra ad oggi hanno raccontato capoccioni e non, onorevoli e non, conferenzieri e non, avventurieri e non sulla pelle di questa mia amata terra natale, come una bella donna spesso sedotta ed abbandonata, sempre sul punto di vestire sontuosi abiti, per poi lasciar spazio a cenciosi sacchi di iuta.

Dal dopo guerra ad oggi non c'è attività, non c'è promessa, non c'è progetto che non sia stato abbracciato e poi abbandonato, un sogno accarezzato per poi risvegliarsi bruscamente mantidi di di sudore e di illusioni, chiacchiere e distintivo, promesse e desolazione, frustrazioni come pane quotidiano.

In tutti i campi, in tutti i settori, questa città langue e muore. Maledizione etrusca? Si, un'altra favola per addormentare gli ingenui e far crescere la mala erba della rassegnazione: dalle comunicazioni al turismo, dalle terme (sic!) alla ferrovia e giù, giù, via discorrendo fino alla più popolare delle attrazioni cittadine, quel calcio spesso invocato a sostegno del riscatto da tante delusioni, quanto invece pietra dello scandalo per continuare ad abbassare il capo in attesa del messia.

Portavo i calzoni alla zuava, e mi ricordo le strilla e le urla all'interno della Sala don Mario Gargiuli tra i cosiddetti azionisti dell'era Merlin, passando per Gennaro Rambone, Presidente Rocchi della cui fama e ricordo sono rimasti almeno l'intitolazione dell'attuale stadio, della salvezza strappata col Brindisi all'ultima giornata... dei progetti futuri dell'era Cerusico e del Presidente Venanzi, di Acori e del Presidente Deodati, di Gaucci e di un altro Presidente di cui ora non mi sovviene il cognome, se non la medesima finale del precedente in ucci... e poi ancora un altro fino alla discesa agli inferi dell'Eccellenza, per poi risalire come un vascello fantasma dagli abissi e navigare verso la terra promessa col Presidente Camilli.

Sembrano attimi, secondi... ed invece anche questa è storia vissuta, amata ed odiata e poi di nuovo amata. E' storia di amori e tradimenti, di programmi ed aspettative, di traguardi sfiorati e mai raggiunti... perché? Non mi bastano più le favole.

Non ho più sonno. Voglio tenere gli occhi aperti. E con gli occhi aperti voglio cercar di capire perché in questa maledetta terra di Tuscia ogni sogno svanisce, muore nello spazio di una notte, per lasciar il posto e la scena, come in ogni alba livida che si rispetta, a corvi, iene ed avvoltoi.

Giuseppe Bracchi

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