Viterbo CRONACA “Pare che li faccia tutti eguali e tutti amici la scuola”
(E. De Amicis, Cuore [ Marzo, I parenti dei ragazzi])
di Barbara Pasqualini

Scuola elementare E. De Amicis, Viterbo
Maestro Raoul Ricci (Insegnante alla “De Amicis” dal 1946 al 1977)
Anno scolastico: 1959-1960

Classe V elementare. In ultima fila, terzo bambino da destra,
è Enrico Pasqualini, papà di Barbara

Questa mattina, come mia consuetudine ormai da qualche anno, sono uscita per la spesa quotidiana nei negozi del mio quartiere, ormai, ahimè, pochi: alcune vecchie e care botteghe “storiche” sono state chiuse mentre qualche nuova attività, cui auguriamo lunga vita, si sta affacciando.

Al forno, mi sono incontrata con uno stuolo di ragazzini chiassosi: che allegra confusione! Chi cercava dei gustosi pezzi di pizza bianca croccante, chi preferiva quella “rossa” con la mozzarella filante, chi era attratto da dolcetti della più disparata natura…

Credo fossero tutti alunni della vicina scuola elementare: mi sono “illuminata” di colpo, è ripreso l’anno scolastico! Osservare questi bambini che si accingono a iniziare il loro percorso d’istruzione, mi ha suscitato grande tenerezza, forse perché penso che stiano iniziando un lungo cammino di formazione che li porterà a essere dei nuovi adulti, penso che abbiano ancora tutte le opportunità di modellare il proprio futuro e tentare di diventare ciò che vorranno… O, forse, semplicemente, mi lascio coinvolgere dall’allegro scompiglio che portano, che ci fa evadere dall’ordinaria quotidianità, donandoci una fresca ventata di ottimismo.

Eh già, la riapertura delle scuole segna un risveglio del rione e della città, in senso positivo, per l’incremento di vitalità che porta, e, ahimè, negativo, per gli ingorghi automobilistici che spesso si verificano nelle ore di punta nei pressi degli edifici scolastici.

In me, questa circostanza ha risvegliato tanti e tanti ricordi. Ho trentaquattro anni, e il tempo in cui anche per me a settembre suonava la campanella è lontano… ma non troppo, e le sensazioni, emozioni, gioie e ansie che ciò suscitava sono ancora vividamente impresse nella mente.

Se il ricordo della scuola materna è, nella mia testa, solo parziale, fatto d’immagini istantanee non sempre cronologicamente collegate tra loro, vivido è, invece, quello delle scuole elementari. Riaffiorano il mio alzarmi di buon’ora, il preparare la cartella (i primi anni, era proprio una borsa a cartella, non il più “moderno” zaino, anche se vi era raffigurato uno dei miei personaggi preferiti di fantasia), la merenda, il profumo della carta di libri e quaderni nuovi, l’astuccio, con tutti i ferri del mestiere (anche la scelta della biro con cui scrivere appariva una decisione importante, ai miei occhi di bambina, al fine di ottenere la tanto agognata bella calligrafia…).  

 

Copertina di una storica edizione della Garzanti del libro “Cuore”, di Edmondo De Amicis, dedicato ai ragazzi delle scuole elementari dall’autore stesso

 

E poi, l’ansia di arrivare puntuale, ogni giorno. Ancora oggi penso con tenerezza e nostalgia a tutte le volte che, nel congestionato traffico mattutino, esortavo mio papà (cui spettava in genere il compito di accompagnarmi prima di recarsi al lavoro) a “guizzare”, svicolare tra le auto in coda (lui era un asso al volante, una garanzia di qualità), perché…: “E’ tardi!!!”. Quando incrociavo qualche mio compagno per la strada, suscitavo sempre il suo stupore perché riuscivo così ad arrivare “miracolosamente” puntuale…

Ai miei tempi, poi, la scuola elementare era un po’ come una grande famiglia, esisteva una sola maestra, che era quasi una seconda mamma, specialmente nel mio caso (ho frequentato un istituto retto da religiose e la mia docente era una suora).  

Che tenerezza il ricordo dei volti dei miei compagni e del mio, dapprima spauriti e intimoriti e poi sempre più padroni e consapevoli di quella nuova dimensione scolastica! Che batticuori quando la maestra correggeva i compiti, con la sua penna rossa, ed esprimeva poi il suo giudizio con il voto! Quanti anni da allora ho trascorso sui libri… a volte, mi chiedo… troppi?!

In queste mie divagazioni, mi viene spontaneo rammentare i ricordi che m’hanno tramandato i miei genitori.

Illustrazioni originali del libro “Cuore”

 

Per loro, la scuola è stata vissuta in modo diverso… Già il calendario dell’anno scolastico lo era: le lezioni iniziavano a ottobre, consentendo loro di godere dei colori e profumi d’inizio autunno di settembre, ma terminavano a giugno inoltrato, periodo che, per gli studenti di oggi, è già considerato piena vacanza.

A scuola difficilmente si arrivava in automobile… erano ancora poco diffuse. Ci si spostava assieme, spesso incontrando dei compagni lungo il percorso, non sempre scortati dai genitori: la quasi totale assenza di traffico non rendeva il percorso insidioso e non suscitava in questi ultimi stati di ansiosa preoccupazione.

Loro non utilizzavano gli zaini, come me, ma le mitiche cartelle, che erano spesso sostituite con le cinghie, durante le scuole medie. Alcune delle suddette, superstiti di anni di duro lavoro, circolano ancora in casa mia: di elastico, larghe, colorate o a fantasia, la cui chiusura erano medaglioni di latta laccati con scritte varie. Strumenti di diabolica scomodità, a mio avviso, ma anelati all’epoca perché erano un chiaro segno che eri cresciuto!

Nella mente, ci sono le foto viste e riviste e gelosamente custodite nei vecchi album di famiglia: immagini in bianco e nero, di una Viterbo che non c’è più, quasi senza auto, in cui palazzi che mi sembra debbano essere sempre esistiti ancor non c’erano o erano in costruzione.

Mi pare di vedere i miei genitori bambini andare a scuola, le facce assonnate, oppure preoccupate per un compito difficile, o, ancora, spensierate in compagnia di altri bambini. Mi sembrano lontane nel tempo, eppure più attuali che mai, le loro foto di classe. Tutti in fila, ordinati, con i loro grembiuli puliti, ben pettinati, l’espressione compita ad hoc per l’obiettivo del fotografo, tanti anni fa… come noi, una ventina, o poco meno, di anni dopo.

Sicuramente il clima che si respirava nelle aule era diverso da quello che ho sperimentato io, più austero e rigido e, probabilmente, meno incline a riconoscere i diritti degli studenti!

Mio papà mi raccontava spesso del suo maestro elementare come di una persona brava, preparata e tutta dedita al suo lavoro, quasi come fosse una missione. La sua era una classe di soli maschi, per sperimentarne una mista dovette attendere di frequentare la scuola media. Il loro docente li aveva così a cuore da fare anche gli “straordinari”: l’ultimo anno di elementari, per prepararli all’esame, aveva organizzato dei gruppi di studio nel suo appartamento.

Quando papà mi raccontava di quel periodo, nel mio immaginario mi veniva sempre alla mente Johnny Dorelli, nel mitico e magistralmente interpretato ruolo del maestro Perboni nello sceneggiato televisivo “Cuore”, tratto dall’omonimo romanzo di De Amicis. Nel docente di papà, così dedito ai suoi studenti, vedevo Perboni, che si premurava di dare tutto se stesso ai propri ragazzi, specie ai meno fortunati. Fantasie di bambina su una somiglianza non fisica ma d’animo.

Mia madre invece, di qualche anno più giovane e frequentante un istituto religioso, si trovò in classi miste fin dalle elementari, e con un’unica docente, come papà e come me, diversi anni dopo.

Dai loro racconti mi sembra che la scuola sia stata vissuta, ai loro tempi, con enorme serietà fin dai primissimi anni; ai miei tempi, forse, siamo stati un po’ più coccolati… anche se personalmente ho sempre dato ruolo preminente all’istruzione! Forse sbaglio, ma credo che nelle loro menti fosse più radicata l’idea di adempiere alla scuola come a un preciso dovere, insindacabile e indiscutibile; noi lo avvertivamo in maniera meno pressante. O, almeno, a me sembra così!

Questa mattina, guardavo quei bambini e pensavo che di lì a poco si sarebbero trovati nelle loro aule, con quel caratteristico odore di libri e quaderni nuovi che avrebbe pervaso l’aria; classi ampie, pulite, magari soleggiate, oppure a volte strette e dall’apparenza un po’ fatiscente, ma pronte e accogliere i loro ragazzi, studiosi o svogliati, o desiderosi di apprendere, curiosi, vivaci, timidi, giovani menti in fase di crescita, pronte a immagazzinare nozioni, informazioni disparate.

Quei bambini oggi lasciano la spensieratezza estiva per dedicarsi al loro mestiere di studenti, come già hanno fatto i loro genitori, come i miei e come me. Forse per loro sarà diverso. Anche i più piccoli hanno più docenti, per le varie discipline, hanno tante più materie, per renderli più preparati ad affrontare un mondo che cresce sempre culturalmente e tecnologicamente. Ma, pur con le dovute differenze, sono certa che le emozioni che accompagnano questi primi giorni di scuola sono universali, il cuore batte all’unisono di generazione in generazione, con il suo carico di schiette emozioni!

Che dire, miei cari lettori, perdonate queste mie divagazioni, questi mio muovermi sul filo del ricordo e questo mio desiderio di condividere con voi i miei pensieri… e buon anno scolastico a tutti!

Barbara Pasqualini