Viterbo CRONACA notevole interesse per santa Rosa
per il fatto che fosse nata priva dello sterno

di Alessandro Finzi

Il professore Alessandro Finzi

Circa un mese fa è venuto in visita con la famiglia il figlio dell’ex sindaco di Alcolea che, ricordiamo, è una città andalusa la cui patrona è santa Rosa da Viterbo.

Naturalmente il loro interesse principale era di poter vedere il corpo della Santa a cui erano devoti.

Li avevo da poco riaccompagnati a Ciampino che ho ricevuto una mail dal padre e mio amico, Fernado Utrilla Enríquez, che mi annunciava, molto contento, che il figlio gli aveva già mandato la foto di Santa Rosa.

Vorrei per inciso osservare che sindaci spagnoli, attenti a ogni utile informazione, sono molto disponibili, e in passato ho avuto risposta perfino dal sindaco di Madrid.

Utrilla, per cortese documentazione, allegava alla sua lettera anche la cronaca di un visitatore che parlava della (ripeto fedelmente): “nostra Santa”.

Nella cronaca, riportata in seguito, appare il notevole interesse per santa Rosa ed in particolare, per ragioni professionali, per il fatto che fosse nata priva dello sterno, cosa che meraviglia sia nota anche fuori dall’ambiente viterbese. Da segnalare anche il fatto che il visitatore aveva letto di santa Rosa non solo su una rivista religiosa (“Año Cristiano”), ma anche su un importante quotidiano spagnolo (“El Mundo”).

Nell’articolo si trova una strana teoria sui calzari che dovrebbe portare Rosa che invece viene spesso raffigurata scalza. Curiosa la constatazione che “quasi tutti i santi sono italiani”.

I miracoli, come la biografia, sono narrati in maniera un po’ approssimativa e fantasiosa e cosi pure i voti religiosi ed i loro effetti; infine è sorprendente l’idea di voler proporre santa Rosa come protettrice dall’anoressia, cosa evidentemente derivata dalla conoscenza dei prolungati digiuni delle santa che, fra l’altro, si privava del pane per donarlo ai poveri; l’accenno al fatto che le anoressiche sono belle deriva probabilmente dal fatto che lo sono molte modelle..


 Alessandro Finzi

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Ed ecco la cronaca

Ho approfittato di un sabato di giugno, alle cinque della sera quando si celebrava un matrimonio, per visitare la Chiesa di Alcolea che tutte le altre volte avevo trovato chiusa. Questa volta l’ho vista nella sua pienezza: ampia navata, pavimento di marmo, banchi e abside adornati con profusione di fiori per le nozze, profumo di primavera, volta e cupola illuminate dal sole pomeridiano.

Don Fernando Utrilla, facendo da cicerone, mi spiegava come i patroni della città fossero raffigurati dalla statue dell’altare laterale a destra, con la statua di santa Rosa al centro ed a lato quella di san Sebastiano.

Ho notato che la Santa appare giovane come una ventenne, porta l’abito da francescana di saio grezzo legato con un cordone di sparto che le arriva fino ai piedi. Questi sono coperti e non riesco a vedere se porta delle calighe di corda di sparto, come prevede la regola di san Francesco d’Assisi e non invece dei sandali di cuoio. (lo sparto è una fibra vegetale, produzione tipica di Alcolea, con cui si fanno le funi, per cui è chiara la ragione del ripetuto riferimento)

Spiega ancora Utrilla che s. Rosa è una santa italiana, come quasi tutti i santi. Risulta che Rosa era nata priva dello sterno, come ha pubblicato “El Mundo” e morì effettivamente a diciotto anni. Commento, come perito forense, che l’agenesia dello sterno è una malformazione grave.

Senza di questo le costole, senza appoggio anteriore, rimangono fluttuanti e si può osservare il battito del cuore subito sotto alla pelle. No vi è aggancio per il diaframma e lo stomaco risale formando un’ernia iatale che rende difficile la digestione. In realtà si modifica tutta la strutture muscolare del petto, della laringe, della tiroide e della parete addominale.

Ho letto in seguito sulla rivista “Año Cristiano” la vita di santa Rosa da Viterbo che, bimba di quattro anni parlava con Dio con la stessa naturalezza con cui parlava con la su amica: povera amica ! che piangeva sconsolata perché le si era rotta la brocca con la quale attingeva acqua alla fonte. Rosa l’aiutò a raccogliere i pezzetti di ceramica e li incollo con la colla della fede e dell’amore e la brocca, tornata integra, rimase utile per attingere l’acqua.

Poi una perfida vicina rubò una gallina alla madre di Rosa e mentiva sfacciatamente negando il fatto. Rosa soffiò sul volto della vicina e, prima le si arrossarono le guance, poi incominciarono a spuntare delle penne del colore di quelle della gallina.

A dieci anni era perdutamente innamorata di Gesù crocifisso per il quale manifestava un mistico trasporto nell’intimità della casa. Fu a questa età che vestì l’abito del Terz’Ordine di san Francesco, però non poté in seguito ottenere di essere ammessa al Convento di santa Chiara, con la falsa scusa che il numero delle suore era al completo. Qualcosa non piaceva alle clarisse per riceverla come novizia: Era forse giunta la notizia che soffriva di una grave infermità?

Per diventare clarisse era necessaria una salute di ferro, perché bisognava curare gli ammalati, pulire, lavare, zappare l’orto, portare pesi e tutto in quasi permanente digiuno; alla fine, con le mani rese callose dal lavoro, si cantava angelicamente l’Officio gregoriano della Vergine.

Quando l’aspirante superava la prova del noviziato, faceva voto di povertà, castità ed obbedienza, annullando i tre vettori che tolgono ogni virtù  alla qualità umana, essendo l’uomo fatto con materia animale, ma a somiglianza di Dio.

Con il voto di castità si annulla il vettore sud, l’impeto della sessualità che tende alla continuità della specie, nello stesso modo che in tutti gli animali. Con il voto di obbedienza si annulla il vettore nord della superbia che si ribella contro Dio, come fecero alcuni Angeli. Con il  voto di povertà si annulla il vettore orizzontale, il potere del denaro che tende a soddisfare tutte le necessità e tutti i capricci prori, senza tener in conto gli altrui bisogni.

Rosa viveva placidamente nella sua casa coi suoi genitori, aiutandoli con grande umiltà Era monaca nel suo proprio convento, osservando i tre voti della regola francescana, però era misticamente angosciata dalla crocifissione di Gesù. I genitori la vedevano delicata, molto delicata, perché mangiava pochissimo, con grandi occhiaie come per il pianto, vegliando di notte e di giorno visitando i poveri a cui portava il suo proprio pasto.

Cosa porti nel grembiule? le domando il padre vedendola uscire di nascosto. Rosa rimase ammutolita, apri il grembiule e apparve una manciata di rose rosse. Altre volte usciva come per illuminazione e percorreva con rapida corsa le vie di Viterbo cantando con voce intonata i suoi amori divini, dando redine sciolta al vulcano del suo cuore in mistica esaltazione.

Luce ed ombre, fumo e fuoco, esaltazione e depressione, questi erano i moti ciclici della sua anima nella psiche di Rosa che riuscì ad estinguere la sua vita, dissolvendosi, fondendosi nel puro amore per Dio ed i poveri. Abbiamo una Patrona ad Alcolea, Santa Rosa da Viterbo, giovane, fragile ed innamorata dei poveri.

Per la sua attitudine a non mangiare ed i suoi cambiamenti del tono vitale, la vorrei proporre come patrona delle ammalate di anoressia, come lei belle, come lei esili, e sono certo che l’ammalata che l’invochi guarirà dall’anoressia e non morirà giovane.

Alcolea, 2004, anno dello sparto.

Jesús Azcona Etayo

 

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