Viterbo SPORT Altri tempi, altro cammino mondiale, altra nazionale quella brasiliana
di Giuseppe Bracchi

 

Epilogo amaro dunque per il Brasile che dovrà accontentarsi sabato prossimo della finalina di consolazione in competizione con la sorprendente Olanda di Van Gaal, battuta dagli argentini soltanto ai rigori.

Si conferma così la bestia nera dei tulipani questa Argentina, nel 1978 come nel 2014. Nessun ricordo particolare, invece, dei confronti tra Brasile ed Olanda, se non, anche in questo caso, per una bruciante eliminazione subita dai carioca nei quarti di finale dei mondiali edizione 1974 disputati nell’allora Germania Ovest.

Era l’Olanda del calcio totale allenata da Rinus Michels: l’Olanda di Crujiff, di Krol, di Rensenbrijnk, dei gemelli Van de Kerkoff che seppero far grande il paese dei mulini a vento sia nel 74 che nel 78, sempre però arrendendosi nel momento topico della competizione, vale a dire nella finale.

I ragazzi verde oro, come leoni percossi dal domatore, continuano, invece, a leccarsi le ferite. Difficili da digerire e far digerire sette goal. Ma Felipe Scolari siculo brasiliano la prende con filosofia ed alla maniera dantesca vola alto, lasciando dietro di sé mar si crudele. Nessuno, però, per carità cristiana, faccia impossibili ed improbabili paragoni con il 1950.

Altri tempi, altro cammino mondiale, altra nazionale quella brasiliana. Il Brasile nel 1950 aveva puntato davvero tutto sulla Coppa del Mondo, non solo in termini calcistici ma anche come fonte di business. Da quest’ultimo punto di vista il Brasile ha raggiunto sen’altro il suo scopo. Ma rispetto al 1950, calcisticamente parlando i carioca sono stati davvero un fallimento!

Il radiocronista Ary Barrosa, conosciuto in tutto il Paese come il più arrabbiato ed incandescente dei tifosi, ha avuto un’idea delle sue. Durante un recente commento radiofonico ebbe l’ispirazione di chiamare la squadra brasiliana “el minuano”.

Ora, dovete sapere che il minuano è un famoso vento freddo ed impetuoso, che travolge ogni ostacolo al suo cammino….. Il dinamico Barrosa ha pensato di far incidere dei dischi riproducesti il caratteristico urlo del minuano, dischi che verranno trasmessi da tutti gli altoparlanti nello stadio, immediatamente prima dell’inizio degli incontri del Brasile e negli intervalli. Ed anche il pubblico è stato invitato a munirsi di ongi strumento fonetico capace di produrre un clamore simile al soffiare del minuano. Tutto questo naturalmente allo scopo di eccitare i giocatori locali e di stordire gli altri”.

Questo il clima che si respirava quel lontano 16 luglio 1950 descritto e scandito dal giornalista Giorgio Robustelli sulle pagine del Corriere dello Sport, come premesse di un incontro epico.

E ne avevano ben donde Barrosa ed i suoi connazionali, a giudicare dal cammino travolgente che il Brasile aveva avuto fino alla finale del torneo: quattro goal al Messico, due goal alla Jugoslavia. Unico pareggio, quello con la Svizzera (2-2) nella gara giocata a San Paolo il 28 giugno. Poi, nel girone finale all’italiana i carioca, davvero a passo di minuao, rifilarono 7 goal alla Svezia e 6 goal alla Spagna. Ma era il Brasile del quartetto Zizinho, Ademir, Jair, Chico! Altro che Neymar, Hulk  o Fred.. neppure lontano parente del ballerino Astaire.

Costoro, rispetto ai loro avi calcistici del 1950 non sono altro che pirandelliani personaggi in cerca d’autore.Il Brasile del 1950 ballava davvero la samba calcistica ed era fantasioso quanto spregiudicato. Ma tant’è. Come ho ricordato in altre occasioni, il calcio ha le sue leggi e per dirla ancora con l’indimenticabile Gianni Brera, “la palla è subdola. Non ha spigoli, non ha facce, e rotola sempre”.

E fu così che quel 16 luglio 1950 invece del minuao auspicato da Ary Barrosa e da una nazione intera, come un fulmine a ciel sereno, piombò su Rio il silenzio assordante del Maracanà. Due sberle due, degli uruguagi Ghiggia (23 anni) e Schiaffino (24 anni), entrambi di origine italiana e che avranno un futuro nel campionato italiano, fecero cadere nella disperazione l’intera nazione brasiliana.

Scrisse allora Leone Boccali su Tuttosport “……. L’inglese Reader fischia la fine. L’Uruguay è campione del mondo; i brasiliani sconfitti escono dal campo senza salutare né pubblico né avversari. Molti tifosi piangono; il sogno è finito… Quel 2-1 prelude a depressione e follia e, addirittura,al tentativo di suicidio di uno dei protagonisti, il difensore Danilo”.

Ogni finale che si rispetti ha il suo cerimoniale. In quel 1950, l’ormai anziano Presidente della FIFA e fondatore della manifestazione, Jules Rimet, si apprestava ormai a scendere i gradini del Maracanà per consegnare la Coppa ai verdeoro. Ma… il goal di Ghiggia cambiò letteralmente il palinsesto: “Gli organizzatori brasiliani, sopraffatti dall’accaduto, dimenticano il cerimoniale della premiazione. Jules Rimet è costretto a rinunciare al discorso preparato per la vittoria brasiliana e non può far altro che consegnare seccamente il trofeo al capitano uruguaiano Obdulio Varela”.

E per concludere il nostro breve excursus storico calcistico, ascoltiamo e meditiamo insieme cosa disse quel 16 lulgio 1950 il campione del mondo, 24enne Schiaffino al giornalista del Corriere dello Sport Stadio, Leone Boccali: “Noi abbiamo realizzato il nostro ideale applicando la tattica insegnataci dal nostro allenatore Juan Lopez.

E’ una cosa vecchia come il calcio, ma riesce ancora spesso. Non ci sono novità nel nostro gioco: noi giochiamo come i nostri antenati del 1924, del 1928, del 1930…ma giochiamo con cuore, soprattutto”. E’ chiaro caro Balotelli e soci!!!???

Giuseppe Bracchi