Andrea Filoscia

Presidente Associazione Scienza e Vita
Viterbo


Viterbo
CRONACA


Il dottor Andrea Filoscia, presidente di Scienza e Vita, ci invia il testo del suo intervento, con spirito di condivisione e di riflessione, all'audizione di fronte alla I Commissione Consiliare del Comune di Viterbo sul tema: “Proposta di delibera di iniziativa popolare per il riconoscimento delle Unioni civili e sostegno delle nuove forme familiari".

L’Associazione Scienza e Vita di Viterbo che attualmente presiedo, ritiene che l’istituzione di un “Registro” per il riconoscimento delle Unioni Civili da parte del Comune sia illecita ed ingiusta.

•    Illecita, perché non spetta all’amministrazione comunale occuparsi di queste materie.
•    Ingiusta, perché l’approvazione della mozione sarebbe causa di discriminazione nei confronti delle famiglie costituzionalmente fondate sul matrimonio tra un uomo ed una donna.

Il ruolo della famiglia è sempre stato quello di originale esperienza comunitaria, luogo della trasmissione della vita, ambiente della cura e della formazione per la nuova generazione, questo profilo si è affermato grazie alla tipicità delle relazioni che si instaurano all’interno della famiglia: relazioni di gratuità e di solidarietà tra le generazioni.

Questa condizione di vita è sempre stata protetta dall’istituto del matrimonio: solenne impegno per gli sposi che, secondo la Costituzione ed il Codice Civile, si vincolano alla reciproca fedeltà ed alla mutua assistenza, ma anche all’ accoglienza ed alla cura dei figli.

La famiglia è sempre stata anche il cuore di ogni ordinamento statuale, anzi le organizzazioni sociali sono emerse e si sono evolute lungo la storia dell’umanità proprio come organizzazioni a servizio delle famiglie, tanto è che le leggi per secoli si sono fermate sulla soglia della famiglia, regolavano tutti i rapporti sociali, ma non i rapporti all’interno della famiglia.

La scelta matrimoniale ha sempre segnato in modo definitivo l’esperienza e la vita degli sposi, ed è per questo che, anche nelle istituzioni civili, a lungo si è affermata l’indissolubilità del legame matrimoniale: il carattere precipuo delle relazioni familiari, la capacità di rinnovare il Mondo grazie alla potenzialità generativa, la responsabilità assunta nei confronti della società di formare gli uomini e i cittadini di domani, si sono imposti come caratteri indelebili, responsabilità a cui era impossibile sottrarsi.

Nella Storia purtroppo, come per ogni altra realtà umana, l’ideale esperienza familiare si è mescolata con la realtà della violenza, della prevaricazione, dell’interesse, e la società ha dovuto imporre regole anche all’interno dello spazio familiare.

Purtroppo questo processo di tutela dell’individuo anche nell’ambito dell’esperienza familiare, pur doveroso, ha comportato, come effetto collaterale, l’indebolimento progressivo del vincolo matrimoniale. Voglio dire che il matrimonio e la famiglia sono realtà ed espressioni culturali antiche, delicate, disegnate e definite dal tempo, mettervi mano in modo avventato e grossolano, senza l’umiltà di chi conosce la complessità delle dinamiche storiche, culturali, sociologiche è come giocare a palla in un negozio di cristalli.

Il matrimonio dunque, con il prepotente emergere dei diritti individuali, da diversi anni, ha perso appeal perché la forza originale della sua proposta, seppur mitigata, conserva ancora uno stretto legame con le responsabilità, con i doveri nei confronti del coniuge e dei figli, ma anche nei confronti dello Stato, mentre l’affermarsi dei diritti del singolo, la loro esaltazione pubblica,


TRASFORMA OGNI DOVERE PERSONALE IN LIMITAZIONE DELLA LIBERTÀ,
OGNI NECESSITÀ DI SCELTA (frutto della libertà) IN DISCRIMINAZIONE.


Si affermano così le cosiddette unioni civili, relazioni di coppia, ma non solo, tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso, con figli o senza figli, caratterizzate da convivenza ma che prescindono da stabilità, da fedeltà e da ogni  altro dovere, in queste relazioni prevale il desiderio individuale, il sentimento, la precarietà.

Pur essendo tutt’altra cosa rispetto al matrimonio, anzi essendo vissute in antitesi a questo, alcuni considerano sia discriminante che non possano godere delle prerogative tipiche della condizione familiare, e una dopo l’altra le stanno ottenendo, con un duplice risultato: rendere sempre meno comprensibile la scelta matrimoniale e privare la società delle fondamentali funzioni della famiglia.

Perché sposarsi se si possono acquisire gli stessi diritti, senza assumerne i doveri, solo iscrivendosi ad un registro comunale?

E qui vale la pena ricordare la lettera del testo costituzionale:

Art. 29.  La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Art. 30.  È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. (…)

Art. 31.  La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. (…)
e anche qualche articolo del Codice Civile

Art. 143. Diritti e doveri reciproci dei coniugi.
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Art. 147. Doveri verso i figli.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

Art. 148. Concorso negli oneri.
I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, GLI ALTRI ASCENDENTI LEGITTIMI O NATURALI, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

Di tutto ciò nella fattispecie prevista delle “Unioni civili” non c’è traccia: Si propone di ESTENDERE (sottintendendo oltre che alle coppie sposate) agli iscritti nel Registro elementi di tutela sociale posti in essere dall’Amministrazione, compresi i benefici derivanti da bandi e contributi elargiti, inclusione nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi popolari ATER e per i contributi dei servizi sociali, senza prevedere l’assunzione di alcuno dei doveri previsti da Costituzione e Codice Civile per le coppie sposate: perché farsi carico di questi oneri?

Nessuno può ormai negare che senza la tenuta delle famiglie italiane, senza la loro rete di solidarietà interna, fondata sui legami tra le generazioni, il peso inflitto dalla crisi apertasi nel 2008 sarebbe stato intollerabile, e la sofferenza sociale avrebbe toccato ben altri livelli rispetto a quelli, pur acuti, fin qui sperimentati, e allora che si fa? Per ringraziare le famiglie si aiuta qualcun altro, chi in questi anni non ha fatto da ammortizzatore sociale, togliendo ancora a loro risorse!

Analizzando il testo della mozione che vorreste approvare saltano dunque agli occhi molte criticità, ne devo accennare almeno qualche altra:

1.    La prima è che nel testo non si usa mai il termine “coppia” ma “insieme di persone” con l’evidente rischio di assimilare alla realtà familiare, oltre alle coppie omosessuali, anche situazioni di poligamia o di aggregazioni di persone nate per i motivi più vari, rispettabili o strumentali che siano (pensate a quante suore potrebbero iscriversi!).

2.    dal punto di vista fiscale, riguardo alle tasse comunali, quale sarà il regime a cui dovranno sottostare queste “unioni”? Ci sarà il cumulo dei redditi per esempio, quando previsto per le famiglie? E la compilazione del modello ISEE ne risentirà?

3.    La richiesta di un locale per la cerimonia di iscrizione merita menzione solo perché risibile.

4.    E poi la banalità con cui si esce dal registro: a richiesta anche di uno solo dei due (e così l’altro, magari più debole, è tutelato?) o semplicemente venendo meno la convivenza: e allora la casa popolare assegnata, i contributi elargiti (e quindi sottratti sia l’una che gli altri a coppie sposate e costituzionalmente tutelate) che fine fanno? Vanno recuperati dal Comune o ormai “chi ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato …”?

Perché poi ognuno possa ricominciare con un’altra convivenza, un’altra iscrizione e così via?

Non vi sembra che questa proposta esponga l’Amministrazione agli abusi più incredibili?
Il Sindaco con la sua prudenza è diventato sibillino, dice: “Si al Registro delle Unioni Civili, ma salvaguardando i privilegi della Famiglia”.

Non so quanti dei promotori della mozione possano condividere questa sua posizione: anche per noi questa espressione risulta incomprensibile.

Certamente, almeno per il Sindaco, sarebbe meglio aspettare l’iniziativa del Parlamento.
Potrebbe anche risparmiarsi l’accusa di non rispettare i patti con gli elettori: quando il sindaco in fase pre-elettorale chiese il voto, alla specifica richiesta circa l’atteggiamento della sua eventuale amministrazione riguardo ai temi sensibili di Vita, Famiglia e Libertà di Educazione, si impegnò esplicitamente nella tutela di questi valori dichiarandoli anche per lui fondamentali, ANCHE A COSTO DELLE DIMISSIONI!

E sommessamente mi permetto di ricordare al Sindaco che probabilmente la sua vittoria la deve ben più alla quota di voti “moderati”, che hanno accettato il rischio di questa aggregazione politica di “responsabilità civile” (almeno nelle intenzioni) guidata dalla sua figura sostanzialmente affidabile, che non ai voti degli estremisti libertari che a Viterbo mordevano il freno da decenni.
A meno che non gli faccia piacere essere ricordato, per qualche anno, come il sindaco del Registro delle Unioni Civili.

Solo la Famiglia tutelata ed espressa dal legame matrimoniale tra uomo e donna, aprendosi all’accoglienza dei figli, è capace di assumersi l’onore e l’onere di fronte alla società di GENERARE FUTURO.
Tutte le altre unioni possono al massimo dilatare il presente dei protagonisti e la loro fecondità, biologicamente possibile o artificialmente perseguita, non è costitutiva dell’esperienza, ma è legata alla DIMENSIONE PERSONALE DEL DESIDERIO.

Un’ultima raccomandazione: per favore non cedete alla tentazione di citare il Papa, senza avere la più pallida idea di quale sia il suo pensiero e senza aver mai letto per intero un suo intervento.
Che il Papa sia più avanti di molte (io direi di tutte) le associazioni cattoliche non è una novità, altrimenti non potrebbero seguirlo, cosa che con tutti i loro limiti tentano di fare, anche in tema di coppie di fatto e di matrimonio omosessuale che pochi giorni fa proprio lui ha definito “un regresso antropologico”.

Non credo che in queste sedi sia opportuno usare argomenti di tipo confessionale, infatti, si sappia che nel luglio 2010, lo stesso Papa opponendosi alla proposta del matrimonio tra omosessuali in Argentina, scriveva: “Spetta all’autorità pubblica tutelare il matrimonio tra un uomo e una donna attraverso il riconoscimento normativo, per assicurare e favorire la sua insostituibile funzione e il suo contributo al bene comune della società.

Qualora si attribuisse un riconoscimento legale all’unione tra persone dello stesso sesso, o le si garantisse uno status giuridico analogo al matrimonio e alla famiglia, lo Stato agirebbe illegittimamente e si porrebbe in contraddizione con i propri obblighi istituzionali, alterando i principi della legge naturale e dell’ordinamento pubblico della società".

Queste considerazioni, ideali ma anche estremamente concrete, ci invitano a difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, sempre, in ogni occasione, ANCHE CONTRO UNA PROPOSTA DI PER SÉ INSIGNIFICANTE E PASTICCIATA come quella che vorreste approvata dal Comune di Viterbo, non certo per limitare la libertà delle persone, ma sentendo come dovere civico ribadire e garantire l’unicità del ruolo sociale della famiglia, nella certezza che vera ingiustizia è trattare cose diverse come se fossero uguali.


Andrea Filoscia
Presidente Associazione Scienza e Vita
Viterbo