Viterbo CRONACA

I “miracoli” della religiosità popolare


In molti paesi della nostra provincia fervono in questi giorni i preparativi per la festa di S. Antonio Abate: si approntano gli spettacolari fuochi per la vigilia, si lustrano cavalli e carrozze per la sfilata, si acconciano gli animali domestici per la benedizione.

Quella del Santo anacoreta è una devozione antichissima che per centinaia di anni ha portato i coloni a mettere sotto la sua protezione gli animali che, prima dell’avvento delle macchine agricole, erano indispensabili collaboratori per il lavoro dei campi e per il trasporto delle merci.

Insieme a molte tradizioni locali scaturite dalla devozione a S. Antonio Abate la più universalmente diffusa era la benedizione degli animali da lavoro che, strigliati e infiocchettati, venivano condotti dai proprietari sui sagrati delle chiese per ricevere la benedizione. Al ritorno non c’era stalla nella quale non venisse affissa l’immagine del Santo raffigurato come un vecchio monaco circondato da una miriade di animali tra i quali non poteva mancare il maialino.

Con l’avvento dell’era industriale in pochi decenni anche il lavoro dei campi si è profondamente trasformato e buoi, asini e cavalli sono stati soppiantati dai trattori e da macchine agricole d’ogni genere. A rigor di logica la sparizione degli animali dalle case coloniche avrebbe fatto pensare che anche  il  loro protettore sarebbe stato messo da parte ed il suo patrocinio ritenuto ormai inutile. In realtà per qualche periodo i sagrati delle chiese la mattina del 17 gennaio rimasero semivuoti  come anche alcune vecchie tradizioni legate alla devozione per S. Antonio persero la loro importanza o addirittura scomparvero.

Fino a quando, in maniera sempre più evidente, la popolarità di S. Antonio Abate ha iniziato a riprendere quota e il suo patrocinio nei confronti degli animali da lavoro si è trasformata spontaneamente, per volontà del popolo, nel patrocinio sugli animali domestici.

Ecco perchè oggi vengono condotti per la benedizione una miriade di animali da compagnia: cani, gatti, uccelli, criceti, tartarughe, pesci, topolini... Anche là dove si vedono cavalli non sono più quelli da lavoro di una volta ma compagni del tempo libero dei proprietari.

E, come in passato, il sacerdote esce sul sagrato della chiesa per la benedizione che vuole essere un    grazie a Dio per tutti gli animali che arricchiscono il creato e un invito all’uomo all’accoglienza ed al rispetto del mondo animale.

Resta da capire perché questo ramo della devozione a S. Antonio Abate che sembrava essere destinato a seccarsi sia improvvisamente rifiorito anche se con nuove motivazioni.

Probabilmente perché in qualche modo permette di ricollegarci a quella civiltà contadina nella quale affondiamo le nostre radici culturali nella quale il riferimento al sacro era una chiave di lettura fondamentale per comprendere il vero destino dell’uomo. 

Don Mario Brizi