Blera POESIA

Riceviamo dal poeta Giuseppe Bellucci una bella, ma dura poesia in perfetta rima, come lui sa ben fare, relativa ad una storia che troppo spesso si ripete e che ci sconvolge

Questa poesia in ottava rima  è stata scritta per un concorso nazionale nel quale  è stata “segnalata”.

Il concorso prevedeva naturalmente l’attinenza al tema, di cui il titolo, e lo sviluppo in otto ottave incatenate: cioè il primo verso  dell’ottava successiva doveva avere la stessa rima  con cui si chiudeva quello dell’ottava precedente.

 Mi sono ispirato a un fatto di cronaca che mi aveva particolarmente colpito poco tempo prima.

Non è solo narrazione di un episodio, ma anche una denuncia di quanto spesso avviene tra le mura domestiche.


                            1
Tanti e assai vasti gli argomenti sono
quelli che il tema in sé tutti raduna,
che d’un d’essi il vagliare e farne dono
all’attento uditor, ci vuol fortuna.
Ma se l’arte  m’aiuta e pure il suono
di questa voce, riterrò opportuna
la cronaca di un tale traditore
del proprio sangue e dell’erede onore.
                            2
Stenta la mano a prendere vigore
ché ripugnanza e sdegno al pari desta,
questa  tragedia piena di dolore
in  cui pietà per nulla è manifesta.
Ci fu uno scellerato genitore
che covando un progetto nella testa,
celava a tutti, quanto si propone :
far di sua figlia druda è sua intenzione
                            3
Quando si dice la maledizione!
Sotto lo stesso tetto coniugale,   
esigendo dagli altri devozione,
della  forza ascendente egli s’avvale.
Un dì assente la sposa  predispone,
e con folle passion la figlia assale.
Tale  ignobile padre è assai stimato
da amici, da parenti e il vicinato.
                            4
Lotta la bimba ma l’assatanato,
più non ragiona e le straccia la veste,
poi che l’acerbo fiore ebbe violato
di blandizie e minacce ora l’investe.   
A quel primo rapporto consumato
altre gesta, negli anni, disoneste
l’uomo compiea. Con  la consorte assente,
avea per abusar sempre un movente.
                             5
Vittima di quell’orco, l’innocente,
dovea piegarsi senza fare motto;    
della mestizia che tenea sovente
nulla  importava al genitor corrotto.             
E le  voglie paterne, obbediente,
taceva e niun congiunto n’era edotto;                
né  alla madre, intuì, la disgraziata
valeva  il dir d’essere trascurata.                        
                           6
Di giorno in giorno la vita angosciata
che menava tra lacrime e sospiri
senza speranza d’esser  confortata,  
ne riduceva i tanti suoi raggiri.
Talor dicea di stare un  po’ malata,
tal’altra che d’amor sono i respiri;   
invece il padre disonestamente
ne tesseva il candore con la gente.
                           7
Solo al diario, come a un consulente,
ella affidava i suoi pensieri afflitti,        
e lo facea così segretamente
qual parte attiva d’orrendi delitti.
Ma una mattina ch’era tutta assente
la patria potestà, dopo descritti,
i motivi, le angosce e le intenzioni,
fu trovata al soffitto penzoloni.  
                          8
Sviene la madre alle rivelazioni
riesumando un passato mai sopito,
quando pur da suo padre ebbe attenzioni
finanche dopo aver preso marito.
Del dissennato nostro le versioni
la cruda verità ha già smentito.
Perché di sì empietà resti memoria
a larghi tratti ne ho scritta la storia.



Blera, marzo 2010
Bellucci  Giuseppe