Tuscania STORIA
Mauro Loreti

La Chiesa di santa Croce

Sul colle di Giove sorge a Tuscania la Chiesa di Santa Croce costruita alla fine del XII secolo, forse nel 1190, per commemorare la crocifissione e la morte di Gesù, argomento centrale della teologia cristiana.

In quel periodo il vescovo Raniero, tuscanese, profondamente religioso, in preparazione della crociata organizzò le processioni mensili che terminavano con una predica, alla fine della quale venivano raccolti i voti di quanti si facevano crociati e le offerte degli altri: una somma pari a quella necessaria per l’invio di un combattente. Inoltre veniva richiesta la riforma dei costumi e la penitenza.

Furono acquistati cavalli e bestie da soma, equipaggiamenti, viveri, armi e frecce. Il 31 maggio 1217 era la data fissata per la quinta crociata.

Proprio in quel giorno, scrisse il cronista Emone di Frisia nel suo Chronicon, in cui raccontò gli eventi che con forza e costanza affrontarono per Cristo i pellegrini, dopo essere stati preparati dal vescovo Oliviero di Paderborn, navigando attraverso il mare in direzione delle Terra Santa, “ultimo die mensis Maii” i Frisoni, popolazione tedesca, lasciando le terre natali, le ridenti pianure ed i parenti, partirono dalla foce del fiume Lauwers (in Olanda) e navigarono verso l’Inghilterra che videro il due giugno, la Galizia il 16, il Portogallo, Gibilterra, la Spagna nel mese di luglio, in agosto la Catalogna, a settembre Nizza, Genova, Pisa.

Arrivarono a Piombino e dopo essersi diretti verso Messina, a causa di venti contrari insistenti, entrarono non senza grande pericolo nel porto di Civitavecchia il 9 ottobre. Da qui, a causa dell’incertezza del tempo e del gran numero delle navi che, a causa del porto stretto, si urtavano, uscirono con 18 navi e si fermarono nel porto cornetano (di Tarquinia).

Vista la situazione papa Onorio III inviò alcune lettere ai “Cornetanis, Biterbiensibus, Tuscanis, Vetrallis et ceteris (le altre) vicinis civitatibus et castris (villaggi) e affidò loro i Frisoni affinché li trattassero con molta accuratezza e giustizia nei commerci, nei contratti e nelle altre necessità. Questa richiesta fu osservata da tutti integralmente.

La partenza fu preceduta da preoccupazioni finanziarie che comportavano il sacrificio di beni di famiglia e con la prospettiva di giorni difficili per coloro che rimanevano in patria. Nessuno era sicuro di rivedere i cari.

La traversata sulle navi era rischiosa, erano ammassati con la paura della tempesta e del rischio del naufragio. C’erano i rischi di epidemie, il clima dell’oriente era un ostacolo e a volte si poteva soffrire anche la fame.

Quindi la vigilia di San Benedetto, il 20 marzo 1218, giunsero al porto e il “potestas Cornetanus” affidò i “signatos (crociati) Corneti, Biterbii, Tuscani, Sene, Veteralle, Montisalti, Montisflasconi et ceteros” ai Frisoni.

Il porto era occupato da migliaia di persone, 48 vessilli sventolavano con il vento marino, c’erano i banditori e i trombettieri.

Il podestà “prudens et legum doctissimus” esaltò la fede e la forza dei Frisoni e raccomandò tutti i Latini alla loro lealtà ed agli stessi fu imposto di obbedire ai Frisoni. Le navi salparono “in die (giorno) annunciationis”, il 25 marzo, verso Civitavecchia.

Partirono non perché fanatici ma per un attaccamento alla Terra Santa.

Ebbero anche l’opportunità di conoscere un mondo diverso. Giunsero nell’isola di Lampedusa il 2 aprile dove trovarono i crociati genovesi. Il 4 aprile erano a Malta.

Il giorno 15 aprile, “die sancto pasche” (giorno santo di Pasqua), erano a Creta e, finalmente il 26 aprile arrivarono “gaudentes” (pieni di gioia) ad Acon (San Giovanni d’Acri), capitale del regno di Gerusalemme, conquistata nel 1191 da Riccardo I d’Inghilterra.

Là scesero e furono accolti dal vescovo Jacques de Vitry, e dagli altri crociati franchi, ungheresi, ciprioti ed austriaci in una campagna militare che si svolse in Palestina ed in Egitto.

Vi erano tremila cavalieri, ventimila soldati e molti altri fanti leggeri.

L’azione dei crociati permise che la fortezza del Tabor non costituisse più una minaccia per Acri perché protetta a sud da Castel Pellegrino. Non potendo prendere subito Gerusalemme, l’esercito si spostò in Egitto nel maggio del 1218 e per un anno fu assediato il porto di Damietta, nell’estuario del Nilo sul Mediterraneo.

Nel frattempo, nel mese di luglio 1219 anche Francesco d’Assisi giunse a Damietta ed il legato pontificio Giovanni Pelagio di Albano gli concesse di predicare i valori della fede cristiana ai musulmani per convertirli e far cessare le ostilità. Il Sultano lo ricevette con cortesia e vi fu un lungo colloquio.

Il 5 novembre 1219 Damietta fu presa e cadde stremata. Qualche giorno dopo anche la città di Tinnis cadde nelle mani dei crociati. Poi molti ripresero la via dell’Occidente.

Altri partirono come crociati, in una fase successiva, con l’Imperatore Federico II, nel 1228.